Storia, miti e leggende traboccano di episodi persecutori: pensiamo ad Apollo e alla ninfa Dafne, a Zeus che pur di possedere Danae si trasformò in pioggia d’oro; come dimenticare Plutone che folle d’amore s’impossessò di Proserpina, scena magistralmente scolpita del Bernini.
Anche nell’antica Roma il clima era pesante: Tacito narra la vicenda di Ottavio Sagitta invaghitosi di Ponzia, coniugata: il corteggiamento fu solerte, riuscì a concupirla e la indusse a divorziare per sposarla. La ragazza lasciò il marito, ma ripensò alla proposta del nuovo matrimonio, adducendo l’opposizione del padre. Al suo rifiuto, Ottavio Sagitta iniziò a perseguitarla, passando rapidamente dalle preghiere e promesse di amore eterno alle minacce, sino al fatidico ultimo incontro chiarificatore. Mai e poi mai accettare l’ultimo incontro. Il rischio, ora come allora, è di non uscirne vive: così accadde a Porzia pugnalata a morte e dopo di lei a molte, troppe altre.
Lo stolker non è un soggetto specifico con caratteristiche peculiari: può essere chiunque, uno sconosciuto, un ex fidanzato o un marito; agisce per le ragioni più diverse: un rifiuto, la rottura di un legame o perché è un predatore a caccia della sua vittima. La pericolosità di questi soggetti non cambia.
Il nostro ordinamento ha introdotto il reato di atti persecutori nel 2009: prima di allora queste condotte venivano comprese (sussunte nel linguaggio giuridico) per lo più nell’ambito delle minacce e ingiurie, con sanzioni meramente pecuniarie assolutamente inconsistenti rispetto alla gravità dei fatti e alle sofferenze cagionate alle vittime.
La condotta di questo odioso delitto può essere la più varia: pedinamenti, innumerevoli telefonate alle ore più disparate, mute, minacciose, offensive, scurrili, il campionario è vastissimo. Così come quello dei messaggi, delle chat, delle mail e di ogni altro mezzo di comunicazione e diffusione tecnologico.
Ovviamente il progresso affina le tecniche criminali, per cui oggi possiamo contare anche sulla deleteria diffusione di immagini o video della vittima nei social network: fermarne la diffusione è difficilissimo, se non impossibile. I casi della cronaca recente lo dimostrano ampiamente.
Talvolta si realizza una vera e propria evoluzione persecutoria: si parte con episodi minori per giungere a situazioni di estremo pericolo per la vittima. Per questo, ripeto, è fondamentale non accettare il fatidico “ultimo incontro”.
Gli effetti sulla vittima sono devastanti: ansia, paura, stravolgimento delle proprie abitudini di vita. La parte offesa tende a uscire di meno e preferibilmente non da sola; si ingenera un disagio psichico connesso al timore per la sicurezza propria o di un prossimo congiunto.
Affinché sia ravvisabile la fattispecie di reato non è necessario che tale stato di disagio e paura sfoci in una patologia accertabile medicalmente: è sufficiente che la condotta offensiva provochi uno stato d’ansia o paura.
Il reato è perseguibile a querela di parte: nel caso di specie il termine per la proposizione è di sei mesi, il doppio rispetto a quello ordinario, mentre la remissione è soltanto processuale, cioè in corso di udienza. Nei casi in cui lo stalking sia aggravato (perché compiuto dal coniuge, anche se legalmente separato, o dal compagno, o commesso ai danni di un minore, donna in gravidanza, o di un disabile) la querela non è rimettibile e il procedimento penale prosegue sino alla sentenza.
Un intervento legislativo della fine del 2017 ha escluso che la riparazione del danno con versamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento prima del processo penale determini l’estinzione del reato, come previsto dall’art. 162 ter C. p.: la norma è stata introdotta dopo le giuste polemiche seguite alla decisione del Tribunale di Torino che aveva dichiarato estinto il delitto di stalking con il versamento della risibile somma di € 1.500,00, nonostante il rifiuto della alla parte offesa.
Le statistiche confermano che le vittime di questo crimine sono in maggioranza donne; nei casi in cui il reato sia posto in essere in danno di un uomo esiste un forte reticenza alla denuncia, verosimilmente per un retaggio culturale, come se la figura del maschio risultasse svilita e sminuita.
Per contrastare gli effetti devastanti di questo fenomeno sono allo studio particolari percorsi affidati ai Dipartimenti emergenza e urgenza delle Aziende Sanitarie per i pazienti che presentino un “trauma da aggressione”: al trattamento clinico necessario si unisce un sostegno psicologico con raccolta e conservazione di tutti gli elementi utili alla trattazione del caso.
Si deve dare atto che gli sforzi per fronteggiare ogni tipo di persecuzione e violenza, in particolare nei confronti delle donne, sono ravvisabili anche a livello internazionale: nella Convenzione di Istambul sulla “Prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e domestica”, ratificata dall’Italia con la Legge n. 119/2013, si invitano i Paesi aderenti ad adottare misure efficaci per la prevenzione e il contrasto delle violenze di genere e degli atti persecutori.
La strada sarà ancora lunga e richiederà un grande sforzo, soprattutto sul piano culturale e di sensibilizzazione, capace di produrre un’effettiva e reale accettazione della parità tra uomo e donna senza alcuna compromissione o rinuncia alle rispettive peculiarità.