Nulla è evocativo come il profumo e nulla sa dare quel tocco in più allo charme che rende indimenticabili, del resto la corteccia olfattiva nel cervello umano appartiene al rinencefalo, una strutture cerebrali dall’evoluzione più antica e complessa.
Innumerevoli sono le storie legate alle essenze, si sono snodate nel corso della storia e molto spesso sono partite dal nostro paese. Pensiamo che fu Caterina De Medici a introdurre il profumo alla Corte di Francia dopo aver sposato Enrico II: per lei l’Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella a Firenze – tutt’ora esistente e che merita certamente una visita – aveva creato un’acqua a base di agrumi ed essenza di bergamotto; Caterina era talmente legata alla sua fragranza che portò con sé a Parigi anche Renato Bianco suo fidato profumiere il quale, subito ribattezzato René le Florentin, riscosse un enorme successo.
Sempre un italiano fu l’artefice di un altro successo storico: tutto ha inizio in un piccolo paese in provincia di Novara dove Gian Paolo Feminis, venditore ambulante, creò una profumata Acqua Mirabilis che a suo dire era in grado di guarire tutti i mali. Dopo qualche tempo il commerciante si trasferì a Colonia dove continuò la produzione della sua “Acqua” sempre più apprezzata.
Alla sua morte la formula della fragranza, composta dalle essenze di limetta italiana, bergamotto, neroli, arance, limoni e cedro, passò al nipote Giovanni Maria Farina, il quale era già titolare di una boutique di articoli di lusso come sete pregiate, merletti, guanti profumati, spezie e profumi. Nel 1701 l’erede entrò in società con il fratello, la cui dote peculiare era il “naso”.
La svolta arrivò quanto l’antica fragranza venne ribattezzata con un nome che per Farina doveva essere un tributo alla città doveva viveva, un nome che nel tempo è diventato storia: nasceva l’Acqua di Colonia.
Grandi furono le innovazioni apportate da questi italiani nella tecnica di produzione del profumo a partire dalla distillazione, all’uso dell’alcol puro, dai metodi di macerazione ed estrazione delle essenze, alla primissima qualità delle materie prime.
Per garantire l’autenticità del loro prodotto al marchio “Eau de Cologne” sull’etichetta venne aggiunto anche il nome di “Giovanni Maria Farina”; l’Acqua di Colonia di diffuse rapidamente in tutte le Corti d’Europa, arrivando nel tempo anche oltre Oceano, come testimoniano le numerose lettere provenienti da New York ritrovate nell’Archivio di Farina.
Dopo la morte di Giovanni Maria, la fiorente attività fu portata avanti dagli eredi e nei primi anni dell’800 venne fondata una fabbrica anche a Parigi: come spesso accade nelle grandi famiglie di imprenditori, nacquero forti contrasti, i quali nel caso di specie vennero descritti dallo scrittore drammaturgo Honoré de Balzac in uno dei suoi romanzi sulle beghe della borghesia francese.
Tempo dopo il Farina di Parigi vendette il suo ramo d’azienda a Roger & Gallet, i quali poi promossero una causa contro Wilhem Mulhems per illegittimo sfruttamento del marchio “Farina”: la Roger & Gallet, quale legittima titolare del nome e del marchio, usci vittoriosa dal giudizio, in esito al quale venne imposto a Mulhen il divieto di utilizzare il nome “Farina” per contraddistinguere i propri prodotti, profumi compresi.
Mulhen non si perse d’animo e ribattezzò la sua profumazione, più economica e meno raffinata rispetto all’Eau de Cologne”, con il numero civico della sede della sua azienda: nasceva la “4711”.
Dall’altra parte, l’ascesa del marchio Farina non conosceva limiti, innumerevoli furono i riconoscimenti e i premi, tra cui spicca quello di Azienda fornitrice ufficiale della Regina Vittoria.
L’arrivo della modernità con l’introduzione di procedimenti chimici sempre più raffinati non ha eliso l’allure che permane attorno alla creazione di un profumo: questa rimane una forma d’arte, un’opera dell’ingegno e come tale quando presenti i connotati della creatività e originalità trova tutela nelle norme sul diritto d’autore.
Nell’ambito di una controversia che interessò un famoso marchio francese, il Giudice di primo grado, particolarmente saggio e accorto, ravvisava una similitudine tra la composizione di una fragranza e un’opera musicale: come la partitura musicale creata dal compositore consente la riproduzione dell’opera musicale, così la formula del profumo ne consente la riproduzione. L’eccezione secondo cui nel caso specifico di una fragranza la valutazione sarebbe troppo soggettiva, non esistendo un mezzo preciso attraverso il quale essa possa essere descritta, non ha trovato accoglimento nei giudici francesi i quali hanno sostenuto che la mancanza di una descrizione oggettiva non è un ostacolo all’applicazione della tutela della norme sul diritto d’autore qualora ne ricorrano i presupposti di legge.
Giusta decisione, pienamente condivisile… ma poteva essere diversamente in un paese che ha fatto dello charme e del profumo una delle sue bandiere?