Rivalità, sgambetti e dispetti

Michelangelo e Raffaello non potevano essere più diversi: dispotico, irruento e molto poco diplomatico il primo, giovane, affascinante e talentoso il secondo.

Ambiziosi e consapevoli ognuno del valore dell’altro, si rispettavano, anche se la competizione per la ricerca della gloria personale divenne presto una spiccata  rivalità che talvolta sconfinava nell’invidia.

Il Buonarroti era un genio solitario a tratti indomabile: Giulio II ne comprese subito la grandezza, anche se le cronache raccontano di furibondi litigi tra i due; al fiorentino vennero perdonate intemperanze e l’insofferenza mai celata all’autorità; rivendicò sempre  l’assoluta autonomia decisionale nell’esecuzione delle opere e fu gelosissimo delle sue tecniche di lavoro, tanto da  vietare categoricamente l’ingresso nella Sistina durante la realizzazione degli affreschi della volta.

Volta Cappella Sistina, Michelangelo

Di tutt’altra natura fu il rapporto tra Giulio II e Raffaello: il ventenne conquistò subito le simpatie del Pontefice, non solo per i suoi modi affabili e disponibili, ma soprattutto per la grande intelligenza; l’urbinate,  infatti, non esitava a coinvolgere nel suo lavoro i propri allievi: in breve tempo creò una fiorente e produttiva Bottega, grazie alla quale era in grado di accettare le numerose commissioni di grande prestigio che gli erano proposte, portandole a termine nei tempi convenuti, con grande soddisfazione dei committenti che ne elogiavano la maestria.

Ritratto di Giulio II, Raffaello

Nello periodo in cui il Pontefice incaricò Raffaello di affrescare le Stanze della Segnatura, poco più in là un solitario Michelangelo stava compiendo un lavoro immane: l’ammirazione del giovane artista per il Maestro Buonarroti risaliva al suo soggiorno fiorentino, durante il quale era rimasto colpito e affascinato dai lavori del Buonarroti: aveva studiato a lungo il David, per carpirne i segreti nascosti dietro alla potente ma allo stesso tempo elegante fisicità.

L'immagina raffigura la Stanza della Segnatura in Vaticano

Stanza della Segnatura, Raffaello, Vaticano

Si racconta che Raffaello non resistette alla tentazione e, in un momento di assenza del Maestro, di nascosto sbirciò dentro la Sistina, rimanendo attonito per lo stupore e la meraviglia delle scene illustrate nella volta,  non capacitandosi di come un uomo solo potesse essere in grado di realizzare un’opera così maestosa; Michelangelo, ovviamente,  si irritò moltissimo quando apprese che l’urbinate aveva spiato il suo lavoro, indifferente all’ammirazione suscitata nel giovane.

Raffaello colpito dalla grandezza del Maestro fiorentino, decise di dedicargli un tributo nella Scuola di Atene, il suo affresco più celebre, raffigurandolo in primo piano nella veste di Eraclito, imbronciato, chino e pensieroso. Alcuni studiosi ritengono che il modo in cui Michelangelo è stato raffigurato, con abbigliamento da lavoro ed estraneo rispetto al contesto che lo circonda, sia stata in realtà una presa in giro diretta a enfatizzare il carattere poco socievole del Buonarroti.

Il Diritto Perfetto - La Scuola di Atene

Scuola di Atene, Raffaello, Stanza della Segnatura

 

Michelangelo dal canto suo, era consapevole dello straordinario talento di Raffaello e segretamente ne ammirava il lavoro. Quando venne a conoscenza dell’appalto conferito al giovane collega da Agostino Chigi, banchiere e mecenate dell’epoca, per la realizzazione degli affreschi della faraonica Villa Chigi – oggi Villa Farnesina –  in un momento di assenza dell’artista, si recò a vedere come procedevano i lavori.

Sala di Amore e Psiche, Villa Farnesina, Roma

La leggenda narra che Michelangelo rimase sorpreso dalla bellezza e sensualità del Trionfo di Galatea: decise, quindi, di testimoniare il proprio passaggio, disegnando a carboncino in una delle nicchie della sala del banchetto intitolata ad Amore e Psiche una gigantesca testa raffigurante un giovane.

Quando Raffaello se ne accorse si arrabbiò moltissimo, geloso com’era della segretezza dei suoi lavori in corso d’opera, ma decise di non cancellarla in segno di rispetto al grande Maestro.

Testa di giovane realizzata da Michelangelo, Villa Farnesina, Roma

La mano di Michelangelo sembra abbia aiutato anche l’amico Sebastiano Del Piombo, impegnato nel dipingere Polifemo che insegue Galatea: anche Del Piombo soffriva la grande bravura di Raffaello e non voleva in alcun modo sfigurare al suo confronto, per cui chiese all’amico Michelangelo di disegnare il corpo della creatura, poi lui avrebbe colorato la figura. Effettivamente, guardando il corpulento Ciclope sembra di scorgere la tipica fisicità michelangiolesca.

Polifemo, Sebastiano Del Piombo e il Trionfo di Galatea di Raffaello

Purtroppo, la proficua competitività tra i due non durò molto a causa della prematura scomparsa di Raffaello a soli trentasei anni: appresa la notizia della morte del giovane, Michelangelo si propose a Papa Leone X per ultimare le stanze del Vaticano, adducendo che il lavoro fosse troppo importante  per essere lasciato nelle mani degli allievi di bottega.

Il Pontefice rifiutò la proposta, evidenziando come Raffaello avesse istruito alla perfezione i suoi collaboratori, i quali furono assolutamente in grado di ultimare il lavoro del loro Maestro, consegnandolo all’immortalità.

Dettaglio Sala di Amore e Psiche, Raffaello, Villa Farnesina

 

Per approfondire:

“Raffaello una vita felice” di Antonio Forcellino, Editori Laterza

https://www.ildirittoperfetto.it/denaro-potere-e-la-magnificenza-dellarte/

https://www.ildirittoperfetto.it/la-potenza-dellimmagine-tra-appalti-e-subappalti/

Michelangelo e l’inganno che gli valse la fortuna…

L’inganno, inteso come l’arte di far apparire vero ciò che è falso, costituisce il cuore della truffa, crimine di antica memoria, spesso perpetrato da menti con capacità particolarmente raffinate.
Il Diritto Perfetto - La pietà di Michelangelo

Pur essendo un reato contro il patrimonio altrui, di frequente viene visto con minor disvalore sociale rispetto al furto, verosimilmente per l’ingegno e la fantasia con cui il reo ha insidiosamente manipolato la realtà per percepire l’ingiusto profitto.
L’inganno può essere perfezionato con un raggiro di parole o argomentazioni, oppure con un artificio, ovvero la materiale alterazione della realtà, come quella che sembra essere stata realizzata da un giovanissimo Michelangelo Buonarroti.

Il Diritto Perfetto - Cupido Dormiente - Michelangelo

Cupido Dormiente – Michelangelo


Si racconta che tra il 1495 e il 1496 a Firenze l’artista fu contatto da due cugini di Lorenzo de Medici appena rientrati dall’esilio: giunti presso la bottega dell’artista, la loro attenzione fu attratta da un “Cupido dormiente” rappresentato nell’età di circa sei anni, a grandezza naturale; chiesero allo scultore se fosse possibile trattarlo per farlo sembrare antico, poiché avevano un compratore al quale potevano spacciarlo per autentico; per il lavoro gli avrebbero versato ben trenta ducati… un buon vantaggio per tutti.
Per alcune fonti, Michelangelo accettò la proposta; lavorò e affumicò il Cupido sino a che non risultasse antico di almeno un paio di secoli; lo consegnò ai due committenti, incassando il pagamento.
Qualche tempo dopo, uno dei due cugini de’ Medici ritornò presso la bottega dello scultore insieme a un gentiluomo giunto da Roma, tal Jacopo Galli: quest’ultimo chiese a Michelangelo di disegnare una mano; poco dopo lo schizzo fu pronto e il gentiluomo esclamò che non aveva dubbi su chi fosse allora lo scultore del falso Cupido antico venduto per duecento scudi al potente Cardinale Raffaele Riario, di cui Galli era il segretario. L’opera era senz’altro frutto dello straordinario talento del Buonarroti.
Jacopo Galli riferì che il Cardinale era piuttosto indispettito per la figuraccia conseguente all’ampia diffusione della notizia della truffa in suo danno, ma al contempo desiderava conoscere l’autore dello splendido Cupido e per tali ragioni invitava lo scultore a Roma.
Quando si dice la svolta della vita: Michelangelo accettò senza indugio e quando si trovò al cospetto del Cardinale, gli porse le sue scuse. Questi, da avveduto mecenate qual era, non sporse denuncia, ma volle che l’artista rimanesse presso la residenza del Galli, commissionandogli la scultura del Bacco, oggi esposta al Museo del Bargello a Firenze.
Sembra inizi così, con un condotta illecita rimasta impunita, l’ascesa nella Città Eterna dello scultore che – come nessun altro- ha saputo estrarre dal marmo più candido la fisicità intensa di un corpo umano o la sublime delicatezza di un volto di fanciulla.

Il Diritto Perfetto - La Pietà di Michelangelo - Dettaglio

La Pietà di Michelangelo – Dettaglio


Michelangelo non aveva ancora venticinque anni quando ricevette dal cardinale francese Jean Bilhères de Lagraulas, del titolo di Santa Sabina, ambasciatore del re di Francia, l’incarico di scolpire una Vergine con un Cristo morto da collocare presso la Cappella di Santa Petronilla, nella vecchia Basilica di San Pietro.
Jacopo Galli, che conosceva bene lo straordinario talento di Michelangelo ed era stato l’intermediario tra i due, prestò quasi una garanzia – anche se il termine è giuridicamente improprio – a favore dell’artista, scrivendo una lettera – oggi conservata presso l’Archivio di Stato – nella quale assicurava che la scultura sarebbe stata la più bella opera in marmo che Roma avesse mai avuto.
Michelangelo accettò la proposta e si recò a Carrara, dove si trattenne per nove mesi fintanto che trovò un blocco di marmo soddisfacente per lucentezza e perfezione.
Al suo rientro a Roma il rapporto negoziale venne formalizzato in un atto scritto datato 27 agosto 1498: si trattava di un contratto d’opera nel quale si specificava che il Cristo doveva essere a grandezza naturale. La peculiarità del contratto d’opera rispetto all’appalto, al quale spesso viene assimilato, va ravvisata nella predominanza del lavoro del persona rispetto agli altri mezzi a disposizione dell’obbligato (attrezzature, personale, immobilizzazioni…).
Nel caso di Michelangelo non è dubitabile l’assoluta dominanza della mano dell’artista in rapporto alla prestazione dovuta e ai mezzi a disposizione: si pensi che – secondo talune fonti- la delicata fase della levigatura del marmo, eseguita con pietra pomice, aveva portato conseguenze irreversibili alle mani dello scultore.
Il termine di consegna era fissato entro un anno dalla data della sottoscrizione del contratto, appena tre mesi in più del tempo occorso per procurarsi il marmo.

Il Diritto Perfetto - La Pietà di Michelangelo - Dettaglio

La Pietà di Michelangelo – Dettaglio


Dalla pietra Michelangelo estrasse un capolavoro assoluto: lascia attoniti la bellezza del giovane volto di Lei, quasi non potesse essere la madre figlio abbandonato sulle sue gambe, coperte da una veste dal panneggio ampio e morbido. Anche il volto del figlio ha lasciato andare la sofferenza, tutto trasmette una rassegnata serenità, quasi vi fosse – in fondo – la consapevolezza che con l’amore è stata vinta la crudezza della morte.
Roma rimase incantata dalla Pietà, come se fosse di fronte a qualcosa di prodigioso, mai visto prima per la sua lucentezza, lo splendore e la grazia, vera bellezza dell’anima.
La promessa di Jacopo Galli fu ampiamente mantenuta e mezzo secolo dopo Vasari colse più di ogni altro la meraviglia compiuta da Michelangelo, affermando «Non pensi mai, scultore né artefice raro, potere aggiungere di disegno né di grazia, né con fatica poter mai di finezza, pulitezza e di straforare il marmo tanto con arte, quanto Michelangelo vi fece, perché si scorge in quella tutto il valore et il potere dell’arte».

Per approfondire:

Fiandaca Musco “Diritto Penale Parte speciale” Vol. II, tomo secondo ed. Zanichelli pag. 170 e ss.

Costantino D’Orazio “Io sono fuoco” ed. Sperling & Kupfer 2018

Philippe Daverio “Il gioco della Pittura” ed. Rizzoli 2015

Vasari “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)”, Grandi Tascabili Economici Newton, 2003)

L’arte, la libertà … e il coraggio.

“La bellezza salverà il mondo”: in queste famose parole si condensa lo spirito di colui che dedicò tutto sé stesso per recuperare le migliaia di opere d’arte che i nazisti sfacciatamente trafugarono dal nostro Paese.

Il diritto perfetto - Storia di Ruggero Siviero

Molti cittadini furono disposti a correre rischi e pericoli per salvare i capolavori della nostra storia e a ognuno di essi è rivolta nostra la gratitudine, ma tra tutti spicca il nome di Ruggero Siviero.
Fiorentino, colto e raffinato con una particolare attitudine per le pubbliche relazioni, divenne un impavido agente segreto nella Germania degli anni ’30, osservando e passando informazioni sulle modalità di confisca dei beni agli ebrei.
Nel ’38 iniziò a destare sospetti, per cui venne espulso dal territorio tedesco; poco dopo – forte di quanto appreso sul campo come agente infiltrato – iniziò la sua spericolata attività di protettore e cacciatore di opere d’arte, capeggiando un gruppo di antifascisti dediti anch’essi a contrastare la sottrazione di capolavori inestimabili per mano germanica.
È noto che i nazisti, oltre alle indicibili nefandezze di cui si macchiarono, erano soliti depredare il patrimonio artistico dei vari paesi europei: il Louvre venne svuotato, Olanda e Belgio pagarono un prezzo carissimo e la sorte italiana non fu diversa.
Non si può negare che i teutonici avessero pensato proprio a tutto, arrivando a costituire il “Kunstschutz”, ente diretto dal prof. Alexander Langsdorff – colonnello delle SS – il cui compito ufficiale era quello di proteggere le opere d’arte italiane dai danni che avrebbero provocato gli alleati, mentre in realtà era un sistema “legale” per razziare indiscriminatamente il nostro patrimonio artistico.

Il Diritto Perfetto - Bacco di Michelangelo

Il Bacco di Michelangelo


All’inizio del 1944 si vociferava che Goring avesse messo gli occhi su un meraviglioso dipinto del Beato Angelico – l’Annunciazione – collocato presso il Convento francescano di Montecarlo in San Giovanni Val d’Arno.
Il dipinto fa parte delle tre grandi tavole dell’Annunciazione, ma questa spicca per la magnificenza del colore espressa nella ricchezza della veste rossa e oro dell’Arcangelo Gabriele in contrasto con quella blu della Madonna. Un inarrivabile capolavoro del ‘400 italiano.
Siviero, che conosceva bene la passione per l’arte di Goring – il quale si era personalmente “trattenuto per evidenti ragioni di tutela e protezione” un terzo delle opere prelevate dal Louvre – non perse tempo, riuscendo ad avvisare la Soprintendenza, nonché due frati francescani del convento di Piazza Savonarola a Firenze.
Il dipinto venne immediatamente prelevato, nascosto e salvato dalle grinfie naziste. Grazie al suo intervento la tavola è oggi conservata presso la Chiesa di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Val d’Arno.
In seguito, Siviero fu protagonista di altri innumerevoli avventurosi recuperi, realizzati grazie a un’intensa ed efficacissima attività d’intelligence, unita a una caparbietà fuori dal comune, che comprendeva persino il pedinamento dei camion tedeschi carichi di tesori dal valore inestimabile.
A lui si deve il ritrovamento di capolavori di De Chirico, del Bacco di Michelangelo, del San Giorgio di Donatello, della Madonna del Divino Amore di Raffello, nonché di Hermes di Lisippo, oltre a migliaia di altri tesori impunemente trafugati.
Finita la guerra riuscì a far valere di diritto dell’Italia alle restituzioni come se fosse stato un paese occupato al pari dell’Olanda.

Il Diritto Perfetto: Madonna del Divino Amore di Raffaello

Madonna del Divino Amore di Raffaello


Ma il vero colpo di genio fu un altro, un tocco degno del più fine dei giuristi: Siviero affermò che gli acquisti da parte della Germania di opere d’arte avvenuti prima dello scoppio del conflitto erano invalidi, essendo stati il risultato di pressioni politiche e che, comunque, si trattava alienazioni in violazione delle norme di legge.
Sotto il profilo di diritto non fece altro che denunciare la nullità di quei contratti, poiché stipulati contra legem.
All’epoca l’attuale Codice Civile era già in vigore, risalendo al 1942: la nullità del contratto è disciplinata dagli art. 1418 e ss., dove si specificano con precisione le diverse cause di invalidità, che spaziano dalla mancanza di uno degli elementi essenziali del negozio (consenso, oggetto, causa e forma), all’illiceità di taluni di essi, prevedendo, altresì, una norma di chiusura secondo cui sono nulli tutti i contratti contrari a norme imperative.
Il negozio nullo non produce alcun effetto; in altre parole, è come se non fosse mai stato perfezionato: ne consegue un reciproco obbligo restitutorio in capo alle parti, le quali sono obbligate a rendere quanto ricevuto in esecuzione del rapporto invalido.
Verosimilmente, Siviero ricorse proprio a questa disposizione di generale di contrarietà alla legge per eccepire la nullità – e quindi l’assoluta inefficacia – delle cessioni di opere d’arte effettuate prima dello scoppio della guerra: nonostante le strenue resistenze tedesche, secondo cui tali rapporti esulavano da quanto statuito per le restituzioni post belliche, Siviero ne uscì vittorioso, consentendo il rientro in Italia del Gentiluomo di Memling e del Discobolo di Lancellotti.
Negli anni successivi Siviero continuò per conto dello Stato italiano la sua attività di recupero dei capolavori con clamorosi successi, dando un contributo unico nella storia della tutela del patrimonio artistico del nostro Paese.
Si spense a Firenze nel 1983, ma non senza aver cercato di dare, ancora un volta, il proprio apporto nella ricerca della Natività con i Santi Lorenzo e Francesco di Caravaggio rubata nel 1969 a Palermo e mai più ritrovata… ma questa sarà un’altra storia.

Per approfondire:

“Eroe e spia: lo strano destino di Rodolfo Siviero” di Daniela Cavini in Sette/Redazionale 14, 8/4/2017, pg. 56 e 57

“L’ombra di Caravaggio” di R. Fagiolo – I manuali del Corriere della Sera – L’arte come un romanzo n. 28 ed. Nutrimenti srl 200 ed. RCS MediaGroup Spa 2017