L’impero comprendeva il cuore del continente europeo, dalla Francia alla Germania, dai Paesi Bassi sino a Roma; ne restavano esclusi i regni anglosassoni, la penisola iberica e i paesi scandinavi.
Tralasciando gli aspetti strettamente politici e il susseguirsi degli eventi storici successivi alla caduta della stirpe Carolingia, nei secoli non è mutato il tratto culturale comune che predominava nel continente, affondando le sue radici nella gloriosa storia di Roma e della Cristianità a cui, più tardi, si unirono le tradizione germaniche.
Gli effetti del Sacro Romano Impero e del mito – mai oscurato – della “Roma Eterna” si riverberarono prepotentemente nel mondo del diritto: i ceti colti di quell’Europa primordiale aspiravano a creare un diritto comune per tutti i popoli dell’Impero.
Nel 1088 la scuola di Bologna, prima tra tutti, diede inizio allo studio scientifico del “Corpus iuris civilis”, la più grande codificazione del diritto romano voluta dall’imperatore Giustiniano, patrimonio universale della scienza giuridica di ogni tempo.
I giuristi bolognesi ritenevano le norme giustinianee il diritto all’epoca vigente e il loro indefesso lavoro di interpretazione ed elaborazione ne permise la rapida diffusione in tutto l’Occidente europeo.
Erano gli albori di quelli che, secoli più tardi, sarebbero divenuti gli ordinamenti giuridici di “Civil law” (o di tradizione romanistica), connotati dalle grandi codificazioni iniziate nei primissimi anni del 1800; fu l’effetto dirompente della Rivoluzione francese a dare l’avvio al cambiamento: l’Ancien Régime venne spazzato via insieme ai suoi privilegi di casta e astuzie in danno ai ceti più bassi della popolazione. In Francia nel 1804 entrò in vigore il Code Civil (detto poi Code Napoléon): fu la prima creazione di un diritto per il cittadino, scritto nelle lingua nazionale in modo che fosse chiaro e comprensibile a tutti, senza alcuna distinzione sociale o di ceto.
Nasceva il diritto codificato, inteso come quell’insieme di norme generali (si rivolgono a una serie indeterminata di soggetti) e astratte (disciplinano fattispecie ipotetiche) che il giudice è chiamato a interpretare e ad applicare nella decisione del caso concreto. Negli ordinamenti di Civil law il giudice soggiace sempre alla legge.
Dall’altra parte della Manica, nel 1066 con Guglielmo il Conquistatore inizia a formarsi un ordinamento basato sulla Common law: in sostanza, il “Diritto dei giudici”. In questo sistema il diritto si forma sulla base dei principi giuridici ricavabili dalle sentenze nelle quali vengono enunciati i principi normativi.
I precedenti (Case Law) sono vincolanti per le decisioni dei casi successivi, mentre l’eventuale diversa decisione determina la nascita di un nuovo principio di diritto da applicarsi alle fattispecie future.
A differenza dei sistemi di tradizione romanistica, negli ordinamenti di Common Law le norme scritte sono davvero marginali. Questo ha portato alla creazione di un diritto estremamente stratificato, in quanto i precedenti risalgono indietro nel tempo immemore con costante continuità. Si dice che non vi sia “Case Book”, o libro di testo per gli studenti di legge, che non inizi con la storia delle Corti inglesi e nel caso dello studio della moderna proprietà immobiliare l’inizio risale addirittura a Guglielmo il Conquistatore indicato come il “Point of departure” (punto di partenza).
Nei paesi anglosassoni il diritto è considerato autonomo rispetto alla Stato e – secondo talune fonti liberali – persino superiore allo Stato stesso e al potere esecutivo, cosicché alla magistratura sia garantita l’assoluta indipendenza.
Nel tempo, l’area dei paesi di Common law si è considerevolmente ampliata: ne fanno parte gli Stati Uniti, gli Stati africani del Commonwelth, la Nuova Zelanda, Israele e molti altri.
Entrambi i sistemi presentano pregi e criticità: gli ordinamenti di Civil law, connotati dalla creazione parlamentare delle leggi scritte, danno maggiori garanzie di certezza del diritto e democraticità. I precetti sono (o meglio dovrebbero essere) facilmente conoscibili e comprensibili dai consociati ai quali direttamente si rivolgono.
D’altro canto, queste le norme precostituite possono rivelarsi inadeguate per taluni casi specifici e non idonee a recepire nuovi fenomeni, richiedendo l’intervento del Legislatore, spesso non sollecito come dovrebbe essere.
Dall’altra parte, il predominio dei Case law consente un rapido ed efficace adattamento delle norme al caso concreto e specifico, ma la mole esorbitante dei precedenti ne rende molto più complessa la “conoscibilità” da parte del cittadino con scarse garanzie di certezza del diritto.
Nei tempi recenti entrambi gli ordinamenti si stanno evolvendo, anche per effetto delle normative sovranazionali – europee in particolare – che lentamente hanno introdotto nei sistemi anglosassoni un numero sempre crescente di leggi scritte, mentre nel continente va rafforzandosi sempre più il peso della giurisprudenza delle Corti superiori.
Si consideri che in Italia la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha introdotto talune importantissime voci di danno: ne sono esempi il danno biologico (lesione psicofisica del soggetto medicalmente accertabile) o il danno esistenziale, frequentemente oggetto di risarcimento nei contenziosi in tema di responsabilità civile.
E il Diritto Perfetto? Solo il tempo avrà la risposta ma, verosimilmente, il miglior sistema giuridico sarà quello che riuscirà a far propri i pregi dell’altro per risolvere le criticità, purché sia sempre teso a garantire la certezza, la trasparenza delle norme giuridiche e il loro rapido adattamento ai nuovi casi e alle nuove realtà.