Caravaggio, l’arte immortale e le obbligazioni naturali

“Maledetti, trafitti dalla passione, l’amore ci sopravvive l’arte ci rende immortali”, in questo pensiero di Goethe c’è molto di Caravaggio: nessuno come lui ha cercato e ottenuto l’immortalità attraverso la sua arte, nessuno come lui ha saputo estrarre la luce dall'oscurità.

Michelangelo Merisi amatissimo e controverso, noto per il carattere irruento e irrequieto, rappresenta il punto di rottura della Storia dell’arte: le sue opere,  forti e innovative, per la prima volta rappresentavano la realtà delle strade di Roma, momenti di vita quotidiana, talvolta, oltre i limiti della moralità e della legalità.

L'immagine raffigura la Buona Ventura di Caravaggio

La Buona Ventura, Caravaggio

All’epoca il gioco delle carte era pratica abituale e numerosi erano i processi contro i bari professionisti che, grazie ai loro trucchi, riuscivano a scucire agli ignari malcapitati diversi denari. Nel celebre dipinto “I bari” il fatto  viene magistralmente rappresentato da Caravaggio: si raffigura in ogni dettaglio l’imbroglio messo in atto dai due loschi figuri a danno del bel giovane con l’abito più scuro.

L'immagine raffigura un dettaglio de I Bari di Caravaggio

I Bari, dettaglio, Caravaggio

Il raggiro viene compiuto grazie alle carte nascoste dietro alla schiena del giocatore con la piuma consunta, mentre il complice sbirciando le carte della vittima suggerisce quale giocare.

I Bari, dettaglio, Caravaggio

Se da un lato si può sostenere che il quadro evidenzi la condotta truffaldina,  dall’altro denuncia il vizio del gioco come un malcostume largamente diffuso ancora oggi.

Nell’attuale ordinamento il debito di gioco, inteso quale somma di denaro dovuta da un partecipante a un altro in base all’esito del gioco stesso, rientra tra le cosiddette obbligazioni naturali.

Le legge qualifica le obbligazioni naturali  come quelle prestazioni  non giuridicamente vincolanti, ma dovute per ragioni morali o sociali:  in altre parole, nessun creditore di un debito di gioco potrà mai rivolgersi a un giudice per ottenere la condanna del debitore; tuttavia se  quest’ultimo provvede spontaneamente all’adempimento non può pretendere poi la restituzione di quanto versato.

Specifichiamo che per dovere morale s’intende un obbligo di carattere etico, che vincola il soggetto a livello personale, mentre il dovere sociale è il dovere sentito come tale dalla collettività.

Requisito essenziale è che il debitore nel momento in cui paga il debito di gioco sia capace d’intendere e volere e non sia sottoposto a misure restrittive della capacità d’agire.

Attualmente è frequente che i soggetti affetti da ludopatia – il vizio del gioco riconosciuto a seguito di accertamento medico legale – siano sottoposti ad Amministrazione di Sostegno, la quale consiste nella nomina di un soggetto amministratore che affianchi e/o sostituisca la persona dipendente  dal vizio del gioco nel compimento degli atti giuridici che il Giudice indicherà. Trattasi di una misura di protezione del soggetto e del suo patrimonio perfettamente adattabile alle diverse necessità che si presentano caso per caso; essa non è mai definitiva, potendo essere revocata nel momento in cui risulterà che la persona abbia superato la ludopatia grazie a idonei percorsi di terapia e recupero.

L'immagine raffigura I bari di Gherardo delle notti

I Bari di Gerardo delle Notti

Vi da dire, infine, che nel caso in cui si tratti di gioco d’azzardo, fattispecie penalmente rilevante per il nostro ordinamento, il pagamento del debito effettuato da soggetto pienamente capace d’agire parrebbe anch’esso non  essere soggetto a restituzione (“ripetibile”) sulla base del concetto della “reciproca  turpitudine”.

Ragazzo morso da un ramarro, Caravaggio

Per approfondire:

Per approfondire “C. D’Orazio “Il Caravaggio segreto” ed. Pickwick 2017;

C. Bianca “Il diritto Civile  – L’obbligazione ed. Cedam 1993;

C. Mastromattei in arteword.it

Genio, colore e sregolatezza

Il genio creativo talvolta si accompagna a una spiccata eccentricità dell’artista, i cui comportamenti possono apparire se non patologici quantomeno bizzarri.
L'immagine raffigura il dipinto "Gli ulivi con cielo giallo e sole" di van Gogh

E’ ben noto il ruolo di molte sostanze (indicate nel lessico medico come “esotossiche”) nel determinismo di lesioni del sistema nervoso centrale con conseguenti gravi alterazioni neuropsicologiche; la Storia della medicina ricorda una gran quantità di tali agenti tossici, dei quali solo nel XIX secolo si è avuta maggior conoscenza scientifica.

L'immagine raffigura diversi metalli pesanti a elevata tossicità

Metalli pesanti a elevata tossicità

Il piombo è stato un importante attore; è un metallo pesante presente in natura, particolarmente duttile e plasmabile; il suo utilizzo è già antichissimo:  abbondantemente presente nelle tubature degli acquedotti romani, veniva utilizzato anche come medicamento contro la gotta  e altre patologie, oltre a essere largamente usato per la realizzazione di suppellettili da cucina come bicchieri e coppe. Secondo talune fonti pare che l’acqua dell’epoca presentasse livelli di piombo cento volte superiori a quelli odierni e il piombo predilige accumularsi nel corpo umano.

L'immagine raffigura l'acquedotto romano nella provincia di Segovia

Acquedotto romano di Segovia, Penisola Iberica

E’ stato osservato che queste elevate concentrazioni di piombo potrebbero aver provocato, attraverso lesività neurologica e infertilità, un lento e inesorabile avvelenamento della popolazione di Roma,  i cui effetti sarebbero stati una delle concause della caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Tali ipotesi non sono mai state suffragate da evidenze storiche certe, le quali attribuiscono le ragioni del tracollo della più grande civiltà di tutti i tempi a fattori esterni (le invasioni barbariche), ma soprattutto a ragioni interne, prima tra  tutte la totale decadenza e perdita dei valori su cui si fondava la società romana.

L'immagine raffigura il Colosseo a Roma

Colosseo, Roma

Il piombo è sempre stato largamente utilizzato anche nel mondo dell’arte quale componente di taluni tipi di colori: la “biacca” o “cerussa” era un bianco particolare a base di carbonato basico di piombo; era prodotta dai veneziani e dagli olandesi; presentava caratteristiche ben precise: elevata coprenza unita a una  lucentezza straordinaria e grande facilità di stesura sulla tela. La biacca ha generato una luce unica nei capolavori immortali di Tiziano, Rubens e Velasquez.

L'immagine raffigura il dipinto Amor Sacro e Amor Profano, Tiziano, Galleria Borghese, Roma

Amor Sacro e Amor Profano, Tiziano, Galleria Borghese, Roma

Il celeberrimo giallo cromo di Van Gogh, a base di cromato di piombo, ha regalato l’immortalità all’artista olandese: la forza evocativa di quel colore così luminoso ha reso quelle tele un inno alla grandezza della natura, attraverso la quale Van Gogh reclamava la sua rivincita sulla vita.

L'immagine raffigura i Girasoli di Van Gogh

I Girasoli, Vincent Van Gogh

La tecnica di preparazione del colore era un vero e proprio patrimonio dell’artista e della sua bottega, una sorta di know-how aziendale dell’epoca. Le materie prime potevano essere di origine animale come nel caso della “lacca di cocciniglia”, preparata con l’estratto di un particolare insetto, di origine vegetale nel caso dei colori delle terre (la famosissima terra di Siena), oppure si poteva trattare di metalli, come il piombo, il rame, il ferro e persino il mercurio, tossico per eccellenza. Nessuna precauzione veniva assunta nel corso della preparazione e l’esposizione respiratoria alle polveri era  totale, per non parlare della quantità di piombo assorbita in seguito al contatto del colore con la pelle.

L'immagine raffigura del cromato di piombo

Cromato di piombo o giallo cromo

Gli effetti dell’intossicazione da piombo interessano diversi apparati dell’organismo, ma quelli a carico del sistema nervoso sono particolarmente severi inducendo, tra l’altro, alterazioni della personalità con fenomeni comportamentali, irritabilità, ritardo nello sviluppo.

Numerose fonti attribuiscono a un lento e progressivo avvelenamento da piombo il comportamento violento di Caravaggio, la sua insofferenza per le regole e la nota irritabilità culminarono con l’omicidio per futili motivi di Ranuccio Tommasoni: l’artista si salvò dalla condanna a morte papale soltanto fuggendo da Roma, grazie all’aiuto del Principe Filippo I Colonna. Il comportamento del Merisi potrebbe far supporre una misconosciuta intossicazione da metallo pesante

L'immagine raffigura la testa di Meduca di Caravaggio

Testa di Medusa, Caravaggio, Galleria degli Uffizi, Firenze

Gli effetti della tossicità del piombo si sono manifestati e diffusi su larga scala con l’avvento dell’era industriale e dei motori, atteso che il metallo pesante era presente pressoché ovunque dalle vernici alla famigerata benzina rossa super, che l’Italia dichiarò fuori legge  e tolse dal mercato il 31 dicembre 2001.

Uno studio americano di qualche anno fa ha stimato che nel 2008 il costo per il sistema sanitario statunitense per la cura di patologie connesse all’intossicazione da piombo era di pari al 3,5% di tutta la spesa sanitaria, i cui destinatari erano soprattutto i bambini con effetti devastanti e quasi sempre irreversibili.

Da allora le legislazioni degli Stati Uniti e dell’Unione Europea sono intervenute con giusta severità, ponendo rigide norme per la sicurezza dei lavoratori addetti alla produzione con uso di composti al piombo, oltre a fissare limiti massimi del metallo nei prodotti. Nel 2016 la normativa a protezione dei bambini è divenuta ancora più vigorosa, in particolare per i giochi che possono essere messi in bocca, i quali non possono presentare percentuali di piombo superiori allo 0,05%.

L'immagine raffigura diversi pigmenti colorati

Pigmenti colorati

Con la modernità e la diffusione dei tubetti l’arte della creazione del colore avrà perso un po’ del suo fascino, ma ne ha certamente guadagnato in salute e longeva creatività.

 

Per approfondire:

Enciclopedia Treccani in www.treccani.it; www.chimica-online.it; www.nottiattiche.wordpress.com; Nota informativa in merito alla potenziale contaminazione da piombo in acque destinate a consumo umano, in www.salute.gov.it

La Natività perduta e l’ombra della criminalità organizzata

Palermo. 18 ottobre 1969. Le sorelle Gelfo scoprirono uno dei furti più clamorosi e oscuri della storia: il capolavoro di Caravaggio “Natività con i Santi Lorenzo e Francesco” era stato rubato dall’Oratorio di San Lorenzo.

La notizia lasciò il mondo attonito. La dinamica del furto fu di una semplicità disarmante: una porta rotta, niente allarme, nessuna misura di sicurezza, nulla era stato predisposto a protezione di una delle ultime opere del Merisi e l’unica presente a Palermo.

L’olio su tela era collocato sopra l’altare, incastonato tra i meravigliosi stucchi di Giacomo Serpotta e dominava la piccola chiesa dal 1609. I malviventi staccarono il dipinto dal muro, tagliando la tela in corrispondenza del bordo della cornice con una lametta da barba, dileguandosi indisturbati con un bottino dal valore inestimabile.

L'immagine rappresenta l'Oratorio san Lorenzo a Palermo

Oratorio San Lorenzo, Palermo

Scoperto il trafugamento, le forze dell’ordine compresero subito che il recupero dell’opera sarebbe stato difficilissimo, se non impossibile: non vi era alcun indizio e neppure avevano contezza del momento in cui il furto fosse stato commesso.  Secondo il racconto delle sorelle Gelfo, all’epoca custodi dell’Oratorio San Lorenzo, dal pomeriggio del 12 sino alla mattina del 18 ottobre nessuna di loro si recò presso la chiesa: un lasso di tempo troppo lungo, unito al fatto che – ovviamente – nessuno vide o sentì alcunché. L’indagine partì malissimo.

La graffiante penna di Leonardo Sciascia sferzò dalle pagine del Corriere delle Sera le pubbliche autorità siciliane, in particolare il Prefetto, scrivendo:

L'immagine riporta uno stralcio di un articolo di L. Sciascia scritto per il Corriere della Sera

Leonardo Sciascia dal Corriere delle Sera 1969

Le ipotesi formulate dagli inquirenti erano tre: ladruncoli da quattro soldi inconsapevoli del valore dell’opera (stimata all’epoca in un miliardo di lire), un’operazione di stampo mafioso, oppure un furto su commissione.

I giorni passavano e le indagini rimanevano incagliate, neppure l’offerta di denaro in cambio di informazioni sortì un qualche effetto, mentre cresceva il fondato  timore che il quadro potesse essere  stato distrutto perché non piazzabile sul mercato dell’antiquariato clandestino, oppure tagliato in più parti da vendersi separatamente, come il volto della Vergine illuminato dalla luce, il Bambino, o l’angelo che dall’alto domina la scena.

L'immagine raffigura un Particolare della Natività con i Santi Francesco e Lorenzo, Caravaggio

Particolare della Natività con i Santi Francesco e Lorenzo, Caravaggio

Per giorni la stampa evidenziò ripetutamente l’incuria dello Stato e delle amministrazioni locali nei confronti del patrimonio artistico siciliano, ritenendo l’accaduto un fatto del tutto prevedibile. Fu il giornalista Mauro De Mauro a spingersi oltre:  in esito a un’approfondita ricerca, il cronista documentò che esisteva una copia perfetta della Natività trafugata, dipinta da Paolo Geraci nel 1627. Effettivamente, nel novembre 1984 la copia del Geraci venne ritrovata a Catania.

Gli anni passarono e della Natività di Caravaggio nessuna traccia, sino al 1995: siamo nel corso del processo a carico di Giulio Andreotti, svoltosi nell’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo. Durante una delle udienze, uno dei pentiti storici di Cosa Nostra, Francesco Marino Mannoia, affermò di essere stato uno degli autori del furto di un Caravaggio (senza specificare null’altro circa l’opera), di avere informato del fatto il Pubblico Ministero Giovanni Falcone e di aver precisato che la tela era andata distrutta, poiché irrimediabilmente danneggiata dopo essere stata piegata. La tela   – secondo il pentito – sarebbe dovuta andare al senatore Andreotti. Su quest’ultimo punto la dichiarazione del collaboratore di giustizia rimase priva del benché minimo riscontro probatorio, ma la pista mafiosa non fu abbandonata.

Gli investigatori del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico non credettero alla distruzione del capolavoro caravaggesco, del quale si tornò a parlare nel 1998, durante il processo di Firenze per la strage dei Georgofili del 27 marzo 1993.

L'immagine raffigura la strage di via dei Georgofili del 27 maggio 1993

Strage di via dei Georgofili a Firenze, 27 maggio 1993

Per capire i fatti dobbiamo fare un passo indietro: il 23 maggio del 1992 il Giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i cinque agenti della scorta persero la vita nella famigerata strage di Capaci; meno di due mesi dopo, il 19 luglio 1992, il Giudice Paolo Borsellino e altri cinque agenti vennero uccisi nella strage di Via D’Amelio a Palermo.

L'immagine raffigura una fotografia dei Giudici Falcone e Borsellino

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Quel periodo può essere ricordato tra i più cupi e duri della storia italiana. La gravità di quei fatti scosse la coscienza collettiva: era tempo per lo Stato di reagire e contrastare la mafia con fermezza e con ogni mezzo. Fu allora che venne introdotto l’art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario, disposizione meglio nota come “carcere duro per i mafiosi”.

La norma trova applicazione nei confronti dei soggetti imputati o condannati per reati commessi  avvalendosi o agevolando l’associazione di stampo mafioso. Le severe restrizioni imposte dall’art. 41 bis limitano fortemente i contatti del detenuto sia con l’esterno, sia con l’ambiente carcerario, in quanto era stato appurato che il regime detentivo ordinario non impediva ai boss di Cosa Nostra di dirigere i loro traffici e dare ogni disposizione necessaria dal carcere.

Più volte il disposto in questione è stato sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale, nonché della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo poiché tacciato di disumanità: entrambe le Corti ne hanno sempre riconosciuto la legittimità per l’evidente l’utilità della misura nel contrasto al fenomeno mafioso e la necessaria tutela della collettività da soggetti di accertata pericolosità.

L'immagine rappresenta l'aula della Corte Costituzionale a Roma

Corte Costituzionale, Roma

Tornando al processo di Firenze per la strage dei Georgofili, dagli atti risulta che l’attentato fu commesso dalla mafia per indurre lo Stato a revocare la misura del 41 bis, atteso che ogni altro tipo di trattativa, compresa la restituzione di importanti opere d’arte, non aveva trovato positivo riscontro. Lo Stato non cedette alle pressioni e il regime del carcere duro da misura temporanea per il periodo di tre anni venne resa definitiva nel 2002.

Da quei tragici fatti la lotta alla criminalità organizzata ha riscosso importanti successi e tutt’ora continua indefessa; forse la Natività non è andata perduta. Secondo le notizie apprese negli ultimi giorni dalla Commissione Antimafia, il   dipinto si troverebbe in Svizzera. Pare  che l’opera fu trafugata da balordi, quindi consegnata a Stefano Bontate e poi al boss Tano Badalamenti (condannato all’ergastolo anche per l’omicidio di Peppino Impastato) che la portò all’estero, verosimilmente nel paese elvetico.

Alla luce degli ultimi avvenimenti possiamo ancora sperare nel recupero di questo superbo capolavoro per troppo tempo sottratto all’Italia, alla città di Palermo e all’intera Umanità.

 

 

Per approfondire:

R. Fagiolo “L’ombra di Caravaggio”, Edizione Speciale per il Corriere della Sera, 2017; A. Della Bella Diritto on line “Carcere duro” in www.treccani.it; www.ilfattoquotidiano.it sez. attualità, “Palermo, il caso del Caravaggio rubato. Per la commissione antimafia non è stato distrutto” del 28 maggio 2018.

Guardami negli occhi

Uno sguardo ammaliatore che carpisce gli occhi e la mente può essere arma pericolosissima quando il fine sia l’inganno e non la conquista.
L'immagine rappresenta "La buona ventura" - Carvaggio esposta ai Musei Capitolini Roma

Caravaggio fu maestro nel rappresentare questo delicatissimo gioco seduttivo e quanto a esso sia sotteso. Nel celebre dipinto “La buona ventura” sceglie come modella una giovane graziosa gitana, con indosso l’abito tradizionale delle veggenti, caratterizzato da un panno rosso legato su una spalla e un turbante sulla testa che le dona un’intrigante aria esotica. Lei delicatamente prende la mano del giovane elegante con cappello piumato e spada al fianco. Il gesto è sottile, il tocco lieve, tutto avviene mentre lei lo guarda languidamente con  l’accenno di un sorriso e lui si lascia irretire senza opporre la minima resistenza.

L’inganno è in quello sguardo che sposta l’attenzione del ragazzo dalla predizione del futuro a ben altri pensieri. L’abilissima gitana con una carezza gli sfila l’anello d’oro dall’anulare senza che lui neppure se ne accorga.

L'immagine rappresenta il particolare delle mani de "La buona ventura" - Carvaggio esposta ai Musei Capitolini Roma

Particolare de “La buona ventura” – Caravaggio Musei Capitolini Roma

Dall’epoca di Caravaggio il furto non è mutato particolarmente: è uno dei delitti che  rientrano nel novero dei cosiddetti “crimini a costante storica“, poiché sottratti all’evoluzione del tempo che ne ha raffinato soltanto modalità di esecuzione (grazie al progresso,  quello  tecnologico in particolare), mentre la struttura del reato è rimasta immutata.

Se il fatto è commesso con destrezza, ossia con un particolare  ingegno, con astuzia e scaltrezza scatta un’aggravante speciale (in quanto specifica per questo reato) che aumenta la sanzione comminata dalla norma prevista per il furto semplice.

L’abilità straordinaria di questo tipo di ladro – nettamente superiore al ladro comune – lo rende socialmente molto pericoloso, in quanto è in grado di superare la normale vigilanza dell’uomo medio, rendendo particolarmente difficile  qualsiasi forma di protezione e difesa della vittima. Non ricorre, invece, l’aggravante in questione qualora il furto sia commesso in un momento di distrazione del derubato, poiché in questo caso non vi è alcuna speciale abilità o scaltrezza del ladro nell’atto del sottrarre il bene e l’azione è agevolata soltanto dal calo di attenzione della parte offesa.

Si pensa che “La buona ventura” racconti anche qualcos’altro: a ben guardare la zingara non sfila un  anello qualsiasi, ma la fede nuziale del giovane (il fatto che sia alla mano destra può dipendere dalla riproduzione di una scena riflessa). Questo particolare apre un’altra interpretazione – più sottile ed evocativa – del messaggio apparente: il furto sarebbe in realtà la punizione inflitta al giovane per essersi lasciato tentare dalle lusinghe della ragazza nonostante il vincolo matrimoniale. In altre parole, sarebbe il prezzo da pagare per l’infedeltà sottesa, per non aver saputo resistere alla seduzione di due occhi tentatori.

Questo dipinto, insieme a “I bari”, altro grande capolavoro del Merisi, rappresenta il punto di svolta della carriera di Caravaggio a Roma: per la prima volta un artista raffigura scene tratte dal mondo che lo circonda, racconta di vizi, delitti e gioco d’azzardo e molti dei suoi personaggi furono reali, verosimilmente incontrati dall’artista nei vicoli del rione Campo Marzio.

L'immagine rappresenta il dipinto "I bari" di Caravaggio

“I bari” Caravaggio

Fu lo storico Giovan Pietro Bellori nel suo trattato “Le vite de’ pittori, scultori e architetti moderni” a confermare questa circostanza, scrivendo “Chiamò una Zingana, che passava a caso per istrada, e condottala all’albergo, la ritrasse in atto di predire l’avventure come sogliono queste donne di razza Egittiana: Facevi un giovine il quale posa la mano con il guanto su spada, e porge l’altra scoperta a costei…”.

L'immagine è la fotografia del libro di G. P. Bellori "Le vite de' pittori, scultori e architetti moderni"

G. P. Bellori “Le vite de’ pittori, scultori e architetti moderni” – Michelangelo Merisi

Entrambi i dipinti furono acquistati dal Cardinale Francesco Maria del Monte il quale, intuito il genio dell’artista, gli offrì un alloggio, uno studio e protezione, aprendogli la via per entrare nella storia sino a quando Caravaggio, dalla condotta sempre intemperante,  fu costretto a una fuga repentina con la pensatissima accusa di omicidio pendente sulla testa… ma questa sarà un’altra storia.

 

Per approfondire:
  • G. Findaca E. Musco “Diritto Penale – Parte Speciale I delitti contro il patrimonio” Vol. II, Zanichelli ed. 2005;
  • C. D’Orazio “Caravaggio Segreto” ed. Pickwick 2017;
  • Cassazione Penale SS. UU., sentenza n. 34090 del 12/7/2017,