Era la città nella quale, per gran parte dell’anno, tra le calli si potevano incrociare le maschere avvolte in neri tabarri, cosicché ogni identità rimanesse celata.
L’espressione più pura dello spirito veneziano dell’epoca fu Giacomo Casanova: laureato in legge, non esercitò mai ufficialmente la professione forense, colto e di gran fascino, libero pensatore, fine diplomatico, era celebre anche come scrittore e filosofo dall’eloquio scorrevole e seducente, forse troppo anche per la libertina Serenissima.
Nel luglio del 1755 Casanova fu arrestato, attraversò il Ponte dei Sospiri e fu incarcerato ai Piombi, le celle poste nel sottotetto di Palazzo Ducale, famose per essere torride d’estate e gelide d’inverno. I veneziani lo sapevano: era difficile sopravvivere ai Piombi.
Contrariamente a ogni garanzia a favore dell’indagato – e spesso senza neppure la celebrazione di un processo – a quei tempi una persona poteva essere detenuta (e talvolta condannata) senza neppure conoscere quali fossero i capi d’imputazione di cui era accusata. Si trattava di un sistema strettamente inquisitorio: il diritto di difesa dell’imputato, al quale oggi è riconosciuta la natura di diritto inviolabile costituzionalmente tutelato, era soltanto un lontano miraggio.
Solo in seguito si apprese che Casanova era accusato di blasfemia, detenzione di libri proibiti e circonvenzione di nobili anziani; tuttavia, diverse fonti storiche affermano che la vera motivazione dell’incarcerazione afferisse ai rapporti massonici intrattenuti dal veneziano.
Dal canto suo, Casanova riteneva che la libertà personale fosse un bene supremo e come tale anche al di sopra della legge: di conseguenza, riconosceva a ogni carcerato – colpevole o meno – il sacrosanto diritto di organizzarsi la fuga dalla prigione. Forte di questa convinzione non si diede per vinto e iniziò subito ad approntare il suo piano per evadere.
In modo rocambolesco riuscì a procurarsi un ferro acuminato con il quale iniziò a scavare un passaggio: nonostante un primo fallimento, nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre 1756 Casanova riuscì nell’impresa di fuggire dai Piombi. Passò prima per il sottotetto e poi si calò da una finestra, quando fu notato da una persona che lo scambiò per un magistrato rimasto chiuso nel palazzo. La fortuna fu il suo salvacondotto: il portone di Palazzo Ducale gli venne aperto e lui riacquistò la libertà allontanandosi indisturbato su una gondola.
Si rifugerà in Francia e farà ritorno a Venezia soltanto dopo diciott’anni.
Celeberrime sono le suo Memorie scritte in francese, nelle quali egli racconta le avventure e le cadute di una vita vissuta comunque sempre al vertice.