Nella Roma Repubblicana era permesso il divorzio: i coniugi potevano sciogliere il vincolo matrimoniale di comune accordo, oppure si poteva procedere per volere di uno dei due e per le ragioni più diverse, compreso l’essersi innamorati di un’altra persona.

Con il Cristianesimo le cose cambiarono drasticamente e il matrimonio divenne un legame sacro (e come tale indissolubile) salvo la possibilità di annullamento da parte dell’Autorità ecclesiastica.

Quest’ultima soluzione era difficilmente praticabile, richiedendo motivazioni specifiche e limitate; tuttavia, nonostante le stringenti norme del diritto canonico, non mancarono forzature giuridiche per le più svariate ragioni, da quelle politiche agli equilibri di forza tra il richiedente e la Chiesa.

Lucrezia Borgia

Lucrezia Borgia

Papa Borgia escogitò due motivi di divorzio per la figlia Lucrezia (sic): per il primo matrimonio, il coniuge Giovanni Sforza fu accusato d’impotenza. Inizialmente indignato fu costretto a incassare il colpo, non accettando di sottoporsi a un’umiliante verifica pubblica sulla sua virilità;  il secondo marito, Alfonso d’Aragona, amatissimo da Lucrezia, ebbe meno fortuna in quanto, per risolvere in fretta la questione della separazione, Cesare Borgia optò per un rimedio definitivo e organizzò l’assassinio del cognato. Lucrezia trovò pace soltanto quando sposò Alfonso d’Este e si trasferì nella città di Ferrara.

La sterilità vera o presunta, di norma ascritta alla moglie, era il motivo più utilizzato per divorziare: Margherita di Valois, la quale da anni viveva separata dal marito  Enrico di Navarra, fu accusata di non essere stata in grado di dargli un figlio; prima di cedere alle pressioni della Chiesa, che mirava a far salire Maria de’ Medici sul trono, con un’abilità  da far invidia alle negoziazioni moderne, dopo sei anni di trattative ottenne una ricca liquidazione e la garanzia di un tenore di vita adeguato: dopo di che nulla oppose all’annullamento del matrimonio.

Margherita di Valois

Margherita di Valois

Anche Enrico VIII fu famoso per la creatività con cui si liberava delle mogli di cui rapidamente si stancava e pur di ottenere  dal Papa l’annullamento del matrimonio con Caterina d’Aragona ruppe con la Chiesa sancendo così la scissione anglicana. Indifferente alla scomunica papale, nel 1533 sposò Anna Bolena dalla quale divorziò poco dopo con le accuse più infamanti, per poi condannarla a morte mediante decapitazione.

Enrico VIII e le sue mogli

Enrico VIII e le sue mogli

Nella lunga storia delle crisi matrimoniali il principio “finché morte non ci separi” è stato frequentemente preso alla lettera; tra i rimedi più in uso vi erano gli avvelenamenti: famosissimo fu il caso di Giulia Tofana e della sua acqua (https://www.ildirittoperfetto.it/giulia-lacqua-e-il-concorso-nel-delitto-quasi-perfetto/ ), poche gocce al giorno e in due settimane il “divorzio” era perfezionato.

Il diritto perfetto: la storia di Giulia Tofana

Soltanto con la Rivoluzione francese per un breve periodo venne introdotto lo scioglimento del matrimonio, anche per la semplice incompatibilità di carattere, ma tali norme ebbero vita breve e con la Restaurazione furono abrogate.

In Italia si dovettero attendere gli anni ’70 per l’approvazione della legge n. 898 del 1° dicembre 1970, che disciplina lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio. La differenza tra le due locuzioni attiene al fatto che lo scioglimento riguarda i matrimoni contratti solo con rito civile, mentre la cessazione degli effetti civili è riferita ai matrimoni concordatari, ovvero quelli celebrati in Chiesa da un ministro di culto cattolico ai quali lo Stato riconosce effetti civili.

La Legge sul divorzio è stata severamente osteggiata, sino a essere portata al vaglio del popolo italiano, il quale con la maggioranza del 59% scelse di mantenere la normativa che oggi viene riconosciuta come un caposaldo del diritto alla libertà e all’autodeterminazione delle persone.

Prima di arrivare allo scioglimento vero e proprio del matrimonio si deve tuttavia passare per un periodo di separazione dei coniugi, nel quale il vincolo coniugale persiste ma è attenuato; la ratio della separazione è quella di concedere ai coniugi un periodo di riflessione prima di procedere con lo scioglimento definitivo della famiglia. Sino al 2015 tale periodo era di tre anni, ma con l’introduzione delle norme sul divorzio breve è stato ridotto a sei mesi (legge 6 maggio 2015 n. 107).

Tralasciando gli aspetti della gestione delle vertenze in tema di diritto di famiglia e del modo migliore per affrontarle di cui si tratterà in altra occasione, la regolamentazione degli aspetti patrimoniali domina la scena del conflitto.

Fino al 2017 la Giurisprudenza era pressoché granitica e garantiva al coniuge economicamente più debole un assegno divorzile parametrato sul mantenimento di un tenore di vita analogo a quello avuto nel corso del matrimonio: questa soluzione  ha portato spesso alla creazione di vere e proprie rendite vita natural durante.

Corte di Cassazione

Corte di Cassazione, Roma

Con la nota sentenza 11504/2017 la Corte di Cassazione ha decisamente  cambiato rotta, recependo un radicato mutamento culturale  e sociale: gli Ermellini hanno evidenziato che il divorzio scioglie e recide qualsiasi legame intercorso tra i coniugi, permanendo soltanto un dovere solidaristico assistenziale nel caso in cui uno dei due non disponga di  adeguati mezzi di sostentamento o si trovasse nell’impossibilità oggettiva di procurarseli.

Ne è conseguito un taglio netto a tutte le domande di assegno divorzile, atteso che, abbandonato drasticamente il parametro del tenore di vita, il mantenimento sarebbe spettato soltanto in casi di mancanza di  mezzi di sostentamento: il vulnus che si è venuto a creare è stato determinato dalla mancanza di un altro e diverso parametro rispetto al quale fare riferimento per la quantificazione di tale assegno  e di conseguenza per un periodo le decisioni dei Tribunali sono state le più disparate.

Nel 2018 le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute rapidamente per calmierare la rigidità del nuovo principio introdotto dalla citata sentenza.

Le SS. UU. hanno ribadito l’abbandono dell’anacronistico parametro del tenore di vita, ma hanno anche sancito il diritto a un assegno divorzile a favore del coniuge economicamente più debole, quando nel corso del matrimonio egli abbia sacrificato le proprie ambizioni e aspirazioni lavorative per dedicarsi alla cura della famiglia e dei figli, consentendo all’altro coniuge di svolgere liberamente la propria attività e di formare il suo patrimonio o quello comune.

L’altra ragione per riconoscere un assegno di mantenimento ha natura prettamente assistenziale ed è ravvisabile qualora il coniuge più debole non disponga di mezzi propri di sostentamento o non sia oggettivamente in grado di procurarseli per ragioni di età, fisiche o altro, come nei casi in cui uno dei due sia ultracinquantenne e da tempo fuori dal mercato del lavoro e sia sprovvisto di un proprio patrimonio da mettere a frutto.

L'immagina raffigura un particolare della Toga dei Giudici della Corte di Cassazione

Particolare della Toga dei Giudici della Corte di Cassazione

La sentenza del 11504/2017 con il suo effetto dirompente nel mondo del diritto di famiglia ha recepito un cambiamento del sentire sociale, pienamente confermato anche dalle Sezioni Unite, alle quali va riconosciuto il merito di aver comunque ribadito la sopravvivenza, in talune circostanze, degli effetti di solidarietà e riequilibrio delle condizioni patrimoniali dei coniugi in ragione di quel legame familiare e  d’amore che nonostante tutto c’è stato.

"Separzione" di Edvard Munch, The Oslo Museum, 1896

“Separzione” di Edvard Munch, The Oslo Museum, 1896