Per queste sue peculiarità, sin dai tempi dei Romani il veleno era considerato l’arma dei vili: secondo talune fonti, l’imperatore Antonino Pio considerava circostanza aggravante del crimine l’uccisione tramite avvelenamento.
Il principe dei veleni è da sempre l’arsenico: questo elemento è spesso associato a Lucrezia Borgia, la quale si dice fosse solita utilizzarlo per la preparazione della “Cantarella”, un composto venefico estremamente efficace, che secondo le cronache la figlia di Papa Borgia utilizzava senza remore a ogni occorrenza.
Anche un’altra celeberrima italiana ne fece un largo e sapiente uso, Caterina de’ Medici regina di Francia. Si narra ch’ella fosse dedita allo studio e alla pratica delle arti chimiche, con una particolare propensione per i veleni: per questo convocò alla corte di Francia – quali esperti in “cosmetici” – due fiorentini, Cosma Ruggeri e Renato Bianchi, noti come speziali, i farmacisti dell’epoca. I due italiani, in realtà, avevano perfezionato particolari metodi di lavorazione dell’arsenico, che si presentava come una sottilissima polvere bianca quasi invisibile, tanto da poter essere somministrata con svariati espedienti e sotto diverse forme.
I cibi e le bevande erano il sistema prediletto, perché il più semplice e sicuro; peraltro, il sapore del veleno era sempre coperto e mascherato dalle spezie abbondantemente presenti nelle pietanze. Le potenziali vittime, consapevoli dei rischi, erano ricorse ai più vari sistemi di protezione, arrivando a mangiare esclusivamente cibi preparati da loro stessi.
Caterina de’ Medici e suoi collaboratori non si persero d’animo ed escogitarono un altro raffinatissimo sistema di avvelenamento: la “camicia all’italiana”. Si prendeva una camicia e la si cospargeva nella parte bassa con la polvere di arsenico: quando l’indumento veniva a contatto con la pelle il veleno così assorbito iniziava lentamente a produrre i suoi effetti, senza mai alcuna evidente sintomatologia di veneficio, in quanto i progressivi, inesorabili peggioramenti potevano essere facilmente attribuiti ad altre diverse malattie.
L’uso dell’arsenico si prolungò per diversi secoli, ma se inizialmente era appannaggio di Principi e Reali, con il tempo il suo uso si diffuse anche tra la gente comune, sino ad arrivare al famosissimo caso di Giulia Tofana e la sua “Acqua”. Dal 1836 grazie al “Test di Marsch”, ideato dal chimico inglese James Marsch, sarà possibile accertare la presenza di arsenico nei campioni prelevati dalle vittime.
E’ il primo barlume della moderna tossicologia forense… ma questa è un’altra storia.