La notizia della vendita ebbe un’eco planetaria e la stampa si attivò subito per scoprire chi fosse il facoltoso aggiudicatario del dipinto (olio su tavola 66 x 46 cm): le indiscrezioni portavano a un ricco principe Saudita; dopo qualche settimana il Presidente del Dipartimento Cultura e Turismo degli Emirati Arabi annunciò l’acquisto dell’opera, dichiarando: “Il Salvator Mundi evidenzia la natura inclusiva del Louvre Abu Dhabi e la missione di Abu Dhabi di farsi promotore di un messaggio di tolleranza e apertura. I visitatori avranno un’opportunità unica per farsi coinvolgere da un’opera rara e iconica, dal grande significato culturale. Dopo essere rimasto per così tanto tempo in mani private, il capolavoro di Leonardo Da Vinci è ora il nostro regalo per il mondo. Appartiene a tutti noi, e tutti noi avremo l’opportunità di testimoniare la maestria di uno degli artisti più significativi della storia.”
Il dipinto sarebbe dovuto essere collocato al Louvre di Abu Dhabi dal settembre 2018, con l’accordo di concedere l’opera in prestito al Louvre di Parigi in occasione della grande mostra allestita per l’anniversario dei 500 anni dalla morte di Leonardo, la cui inaugurazione è prevista per il prossimo settembre.
I mesi sono trascorsi senza che il Salvator Mundi sia mai stato esposto al pubblico: il mistero si è infittito quando alla fine di marzo il New York Times ha dato la notizia dell’irreperibilità del capolavoro Leonardesco. Secondo fonti non ufficiali i francesi, che attendevano l’opera a breve, non hanno contezza di dove si trovi e se mai potrà essere adempiuto l’impegno del prestito in vista dell’imminente tributo al genio fiorentino; neppure le fonti ufficiose del museo arabo sarebbero a conoscenza di dove il quadro sia finito.
Alcune indiscrezioni non confermate raccontano che l’opera potrebbe trovarsi in Svizzera, per ulteriori accertamenti circa l’autenticità: l’attribuzione del Salvator Mundi a Leonardo è stata particolarmente travagliata e non tutti gli studiosi concordano con questa decisione, rappresentando ragioni diverse a sostegno delle varie tesi.
Lo scrittore americano Walter Isaacson (già autore della biografia di Steve Jobs) di recente ha pubblicato un libro “Leonardo da Vinci: the Biography”, nel quale si sollevano dubbi circa la paternità dell’opera; in particolare, si evidenzia come il dipinto presenti un errore a dir poco “grossolano”, che il genio fiorentino mai avrebbe commesso: secondo l’autore, la sfera tenuta da Cristo sulla mano sinistra è tecnicamente perfetta, ma non lo è ciò che si vede in trasparenza, in quanto i panneggi e il braccio non sarebbero deformati come invece dovrebbero essere a causa dell’illusione ottica provocata dalla forma sferica.
Anche lo studioso Frank Zöllner ha sollevato dubbi circa la paternità del quadro, affermando: «I toni carnali della mano benedicente appaiono pallidi e si colorano come in molti dipinti di bottega. Anche i riccioli di Cristo sembrano troppo schematici nell’esecuzione»; dello stesso avviso Matthew Landrus, ricercatore presso il Wolfson College di Oxford, famoso studioso di Leonardo, secondo il quale l’opera sarebbe il frutto della mano di Bernardino Luini viste le numerose somiglianze stilistiche con altri lavori di questo artista rinascimentale.
Ma cosa accade in caso di vendita di un’opera d’arte non autentica? Tralasciando quelle che possono essere le varie condizioni contrattuali dell’aggiudicazione in asta del Salvator Mundi, in linea generale la giurisprudenza italiana si è espressa di recente, affermando che la cessione di un’opera d’arte falsamente attribuita a un artista che in realtà non ne è stato l’autore costituisce un’ipotesi di vendita di “aliud pro alio” che legittima l’acquirente a chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, con conseguente restituzione del prezzo ed eventuale risarcimento del danno.
La vendita “aliud pro alio” ricorre quando all’acquirente sia consegnato un bene completamente diverso dal quello pattuito: questo avviene nell’ipotesi in cui la cosa appartenga a un genere totalmente diverso da quello concordato, ma anche quando il bene sia privo delle particolari qualità necessarie, affinché possa assolvere la sua funzione economico-sociale, intesa come quella funzione che le parti abbiano assunto come essenziale. L’attribuzione di un’opera d’arte a un determinato artista è certamente una qualità essenziale e necessaria del bene, alla quale sono associati rilevanti, se non determinanti, risvolti sotto il profilo del valore commerciale.
Il caso del Salvator Mundi è certamente particolare rispetto alle norme generali ma, quand’anche la diatriba sulla paternità sia ben lungi dall’essere risolta, rimane un capolavoro appartenente all’umanità che attende di poter ammirare ancora una volta i livelli di eccellenza e perfezione raggiunti nel Rinascimento.